In questi giorni sto lavorando a casa. Mi sono ripetuta: fa un caldo micidiale, devo consegnare un lavoro assolutamente entro venerdì e non posso rispondere al telefono ogni 10 minuti.
Tra l’altro non so perché, ma nonostante avessi diligentemente barrato tutte le caselle relative al trattamento dei miei dati personali che, in teoria, dovrebbero evitare l’assedio di call center e simili, ogni giorno ricevo telefonate di chi: 1) vuole farmi cambiare operatore telefonico; 2) vendermi polizze assicurative sulla vita e sanitarie; 3) propormi abbonamenti a compagnie teatrali sconosciute; 4) vendermi libri.
Quando rispondo fingo di essere la donna di servizio, o di essere la segretaria, o una collaboratrice che nella scala del potere occupa con fermezza l’ultimo gradino.
A volte funziona, altre no.. ma non ho molta scelta, purtroppo.
A questi problemi “amministrativi” si aggiunge il dramma della sopportazione dell’afa. Sarà che non mangio moltissimo e questo non aiuta, sarà che ho la pressione davvero molto bassa.. ma d’estate ho la tipica vitalità del messicano con poncho e sombrero.
Quando parlo di pressione bassa, quasi da cadavere, non esagero affatto, e posso portare prove concrete delle mie affermazioni.
Durante una puntata di E.R., ad esempio, il dottor Greene ha cercato di rianimare una paziente priva di coscienza che, in quella particolare occasione, aveva gli stessi valori di pressione ortostatica che io ho quando mi sento particolarmente in forma.
Ovviamente questo caldo da “Death Valley” mi toglie ulteriormente l’appetito… ho dovuto quindi escogitare qualcosa di nuovo ed appetitoso, per invitarmi a mangiare.
Uno dei miei piatti estivi preferiti è il gazpacho. Lo adoro, ma a causa del nichel contenuto nei pomodori devo farne purtroppo a meno.. Quindi ho preso uno dei miei libri di cucina, ho trovato qualche ricetta papabile, l’ho parzialmente modificata ed ho provato a realizzarla.
E così, ieri ho affrontato per la prima volta uno dei miei incubi maggiori: il polpo.
Sono andata nella pescheria di fiducia e l’ho visto: era lì, steso sul suo letto di ghiaccio tritato e muoveva i suoi tentacoli quasi cercando il mare da cui era stato strappato via solo poche ore prima.
I polpi non mi sono mai piaciuti. Sarà che sono stata traumatizzata da piccola dal film “20’000 leghe sotto i mari“, ma mi fanno un po’ ribrezzo (qualcuno potrà obiettare che in quel film si vedeva un calamaro gigante e non un polpo… ma io li associo. E’ più forte di me).
Dopo averlo osservato per minuti interminabili, mi sono decisa. Sono uscita dalla pescheria lasciando il mio nuovo amico sul bancone, ancora vivo, e mi sono diretta in un supermercato dove ho comprato un fantastico polpo congelato e quindi immobile e definitivamente stecchito.
Scongelato il polipo, l’ho infilato in una pentola, nella quale ho messo tutti gli odori possibili ed immaginabili raccolti sul mio balcone: salvia, rosmarino, ed anche basilico, (anche se forse a posteriori devo ammettere che non ci stava benissimo), ho aggiunto scalogno a volontà ed un filo d’olio ed ho fatto cuocere a fuoco lentissimo per un periodo di tempo interminabile, rigirandolo di tanto in tanto.
A cottura ultimata, il paziente è stato affettato con il mio nuovissimo coltello di ceramica, condito con un filo d’olio, sale e pepe, e disposto elegantemente in un bellissimo piatto da portata.
La mia amica S., invitata per l’occasione, ha gradito, ed anzi ha mostrato un deciso apprezzamento facendo il bis, ma non è molto attendibile perché mi vuole molto bene.
L’unico errore, basilico a parte, è stato forse il contorno con riso pilaf.
But I will improve. I promise.